Contemporaneo


Franz Schubert (1797-1928)

  • Quartettsatz D 703

Ludwig van Beethoven (1770-1828)

  • Quartetto in do minore op. 18 n. 4
    Allegro ma non tanto
    Andante scherzoso, quasi Allegretto
    Menuetto. Allegretto
    Allegro

 

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repertorio jazz/pop

Tutti i brani presentati durante la seconda parte sono direttamente composti dagli artisti o sono arrangiamenti di brani dal repertorio jazz/pop.
Le composizioni verranno presentate direttamente dal palco, durante il concerto.

vision string quartet

Fondato nel 2012 a Berlino, vision string quartet si è affermato come uno dei migliori quartetti d’archi della sua generazione. Dimostrano una versatilità unica, che permette loro di concentrarsi sul repertorio classico per quartetto d’archi a cui affiancano però proprie composizioni e arrangiamenti di altri generi musicali, i più disparati. L’opera di questi quattro giovani musicisti si concentra in una riflessione sul modo in cui la musica classica viene presentata e percepita: mantenendone l’integrità, vogliono trovare un sistema che intercetti il nuovo pubblico senza scontentare quello più tradizionale. Eseguono tutti i loro concerti completamente a memoria e in piedi, conferendo così alle proprie esibizioni un’intimità e un’intensità che sono state ampiamente elogiate e apprezzate da pubblico e critica.
Nel 2016 hanno vinto il Concorso “Felix Mendelssohn Bartholdy” di Berlino e il celeberrimo Concorso Internazionale di Ginevra. Come non bastasse, nel mese di novembre dello stesso anno sono stati insigniti del prestigioso Premio Würth, subito dopo aver conquistato il premio del pubblico al Mecklenburg-Vorpommern Festival. Nel 2018 hanno inoltre conquistato il prestiogoso premio per la musica da camera della Fondazione Jürgen Ponto. Il giovane quartetto sperimenta innovative forme di concerto, che sono state presentate nelle principali sale da concerto classiche come la Gewandhaus di Lipsia, la Tonhalle di Düsseldorf, la Konzerthaus di Berlino e la Philharmonie Luxembourg, nonché in festival prestigiosi tra cui il Festspiele Mecklenburg-Vorpommern, il Rheingau Music Festival, Schleswig-Holstein Music Festival, Heidel-berg Frühling e il Lucerne Festival. Si sono esibiti in concerti tenuti nella più completa oscurità, hanno collaborato a progetti con il famoso ballerino e coreografo John Neumeier e hanno collaborato con vari lighting designer per apportare ulteriori dimensioni di creatività alle loro esibizioni.
La stagione 2018/19 ha visto il debutto del quartetto nel Regno Unito, con concerti alla Wigmore Hall, Sage Gateshead e un concerto trasmesso da BBC Radio 3 dalla Perth Concert Hall in Scozia. Sono stati protagonisti di una tournée in Israele con esibizioni a Tel Aviv, Gerusalemme e Haifa e si sono esibiti a Copenaghen nella rassegna dedicata al quartetto d’archi. Hanno tenuto concerti in Germania, esibendosi in sale tra cui la Filarmonica di Berlino, Colonia Philharmonie, Elbphilharmonie Hamburg, Philharmonie Essen, Festspielhaus Baden-Baden e Die Glocke di Brema. Il quartetto ha inoltre avviato una collaborazione la Flagey Concert Hall di Bruxelles, che li vedrà esibirsi in numerosi concerti nelle prossime tre stagioni, tra cui le apparizioni ai festival Klara e Musiq’3. Il quartetto ha studiato a Berlino con l’Artemis Quartet e con Günter Pichler del Quartetto Alban Berg presso l’Escuela Superior de Música Reina Sofía di Madrid. Inoltre, ha ricevuto lezioni da insegnanti come Heime Müller, Eberhardt Feltz e Gerhard Schulz, oltre a partecipare a masterclass presso Jeunesses Musicales, ProQuartet in Francia e la Fondazione Villa Musica Rheinland-Pfalz.
La formazione collabora con vari artisti, tra cui Jörg Widmann, Eckart Runge dell’Artemis Quartet, Haiou Zhang, Edicson Ruiz, Avi Avital, Nils Mönkemeyer e Quatuor les Dissonances.

SCHUBERT – Il Quartettsatz in do min. D 703 (1820) non è altro che il primo tempo di un quartetto mai portato a termine ma sopravvissuto in repertorio e frequentemente eseguito per la sua impronta fortemente personale caratterizzata da piglio gagliardo e umore inquieto, come a voler esprimere un’esigenza spirituale insopprimibile. Inutile ricercare nelle biografie schubertiane indizi che ne ricostruiscano l’iter ideativo e ne individuino committenti o dedicatarî. Il Quartettsatz rimarrà per sempre avvolto nel mistero proprio come avviene per la più famosa delle Sinfonie schubertiane, detta appunto «Incompiuta», sulla quale si è costruita gran parte della popolarità dell’autore viennese. Si sa che fu fatto un tentativo di introdurre tempo lento (un Andante); ma le poche decine di battute superstiti, per quanto intensamente sentite, non sono sufficienti a darcene un’idea precisa. Né è possibile intuire le ragioni dell’abbandono, se non quelle di natura puramente artistica, ossia motivate dall’aver riconosciuto al troncone un valore autonomo che non abbisogno di alcuna aggiunta. Esistono però anche altre ipotesi che ritengono più esterne e contingenti le ragioni dell’incompiutezza. Un elemento di enigmaticità sta infine nel suo essere una pagina molto distanziata dagli altri quartetti precedenti e successivi. Il Quartettsatz si staglia dunque con una evidenza particolare nel catalogo cameristico schubertiano e non sembra corretto accostarlo al Quartetto op. 18 n. 4 di Beethoven sulla base della comune tonalità poiché è lo spirito, qui, ad essere diverso: nessun patetismo nel do minore di Schubert ma piuttosto un tono livido che va ad assecondare la prevalente qualità visionaria della concezione.
Il movimento è in forma-sonata, con un pacato secondo tema in la bemolle contrastante in modo accentuato con la frenesia del primo. E tuttavia, nell’ultimata la sezione di sviluppo, non si ha la canonica ripresa della prima parte: questa si affaccia solo in conclusione quasi per voler ricondurre il pezzo all’originario spirito turbato.

BEETHOVEN – Come s’è visto in prece-denza, quando, tra il 1798 e il 1800, Beethoven intraprese la composizione della sua prima raccolta di quartetti per archi aveva ben chiaro che quel genere cameristico stava godendo di un grande prestigio e ancor più si sarebbe accresciuto nel nuovo secolo purché sapesse trovare una strada concettualmente più evoluta e propria ai nuovi tempi.
I suoi primi tentativi non potevano che avere un carattere di diligente imitazione dei modelli classici ma già con qualche impaziente tentativo di affrancarsene. Conviene dunque non allinearsi troppo a certa critica negativa che sarebbe pronta a stroncarli ed apprezzare invece la prontezza e lucidità con cui le conquiste saranno raggiunte: in fondo i tre mirabili Quartetti dell’op. 59 non arriveranno che cinque anni dopo.
Ad essere più spesso preso di mira è stato proprio il quartetto che ascolteremo stasera, cioè il quarto dell’op. 18. La tonalità di do minore, riconosciuta da tutti come la preferita da Beethoven, non ha acquistato ancora quella carica tragica e fatale che le riconosceremo in seguito, ma certo imprime a questo quartetto una coloratura seriosa, a tratti agitata da brividi segreti. Con apparente paradosso, però, l’opera manca di un ingrediente obbligatorio: il tempo lento centrale che avrebbe l’incarico di convogliare la componente patetico-emotiva del componimento. Al suo posto Beethoven colloca un tempo dalla definizione curiosa (Andante scherzoso, quasi Allegretto).
Nei tempi precedenti si erano mantenute talune caratteristiche di galanteria sette-centesca e il decorso formale non era priva di qualche prolissità. Vi si nota soprattutto, come fattore regressivo, il predominio concesso al primo violino, che perdura per quasi tutta la composizione e la priva di quell’interazione continua che ci si aspetta da un lavoro maturo e non più debitore delle antiche Serenate.

Diego Cescotti